In
questo modellino di tempio, proveniente da Gradenica (Bulgaria Nord-occidentale)
e realizzato agli inizi del settimo millennio da oggi, facciata, tetto
e pareti laterali sono decorati con un design
simbolico e sacro ; le colonne frontali poste ai lati dell'ingresso
sono istoriate con segni di scrittura.
Quali
messaggi veicolavano le iscrizioni dell'Old European Script?
Composte prevalentemente da uno o due
segni , esse potevano evocare il nome della divinità o alcuni
suoi attributi, ricordare il nome del fedele, contenere una formula
magica o una divinazione, profferire una dedica, pronunciare una benedizione,
una promessa o una speranza, stipulare un contratto.
Possiamo forse operare una duplice distinzione: tra iscrizioni semplici
(espresse da un segno singolo e/o di silhouette elementare) regolarmente
prodotte su oggetti di culto impiegati in cerimonie domestiche e iscrizioni
complesse (descritte da più segni e/o da un segno dalle geometrie
elaborate) su tavole, placche, figure antropomorfe di sofisticata fattura;
tra formule scrittorie che non esigevano essere lette per risultare
efficaci e altre che richiedevano un consumo "letterato".
Semplici notazioni magiche alla portata di un qualsiasi fedele potevano
essere tracciate in riti casalinghi ed essere adoperate quando il successo
era giudicato a portata di mano mediante un attento sforzo individuale
(una pesca fruttuosa, una produzione ceramica priva di crepature). Nei
casi più elementari, bastava copiare un segno da un modello trasmesso
da generazioni per beneficiare del potere sovrumano da esso incarnato.
L'inadeguata perizia nell'uso dei segni sacri può in parte spiegare
la gran quantità di iscrizioni tracciate in modo maldestro, che
faticano a seguire uno standard, con caratteri che non hanno forme ben
delineate.
Situazioni più impegnative (i pericoli della nascita, la salute,
il matrimonio, il trapasso) potevano comportare rituali più complessi
e formalizzati richiedenti i servizi di un religioso.
In tal caso, una shamana-shamano o una sacerdotessa-sacerdote eseguivano
cerimonie durante le quali incidevano notazioni magiche o invocazioni
di uno dei tanti nomi/attributi della divinità e magari le marchiavano
con il colore sacro dell'ocra oppure infilavano in esse cenere o orzo.
Al fedele poteva essere richiesto di limitarsi a toccare o ricalcare
i segni da loro tracciati.
Solo nelle (rare) iscrizioni composte da molti segni si può ipotizzare
un contenuto narrativo, per esempio riferire racconti mitici, situazioni
o eventi, stati d'animo, descrizioni particolareggiate.
Diversi autori negano alla scrittura proto-europea questa funzione.
La possente poesia ittita: "Dio se ne andò", ci ricorda
però come in sole quattro parole sia possibile evocare la carestia,
l'abbandono delle divinità, i disperati atti rituali per riconquistarne
il favore. (Merlini
2002a)